Da AVVENIRE del 16.03.2020 (di Giacomo Gambassi):
https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/parrocchia-roma-messa-sul-tetto-e-sitcom-preti
La creatività pastorale nella comunità di San Gabriele dell’Addolorata. Il rito sulla vetta della chiesa con la gente affacciata alle finestre. In Rete le puntate sulla vita dei sacerdoti
Un lungo applauso ha concluso la Messa di domenica. Non perché qualcuno abbia trasgredito lo “stop” alle celebrazioni pubbliche imposto dalla piaga del coronavirus. Tutt’altro. Ma perché chi era affacciato alle finestre dei condomini che circondano la chiesa di San Gabriele dell’Addolorata a Roma ha cominciato a battere le mani quando si è conclusa l’Eucaristia celebrata dai quattro sacerdoti impegnati in parrocchia: don Antonio, don Glenn, don Simone e don Roustaveg. Tutti saliti sul tetto dove sono riusciti a portare persino una croce nonostante la ripida scala antincendio e dove hanno sistemato l’altare, un microfono e la videocamera per la diretta web. «Se la nostra gente non può uscire di casa e se noi preti non possiamo lasciare la canonica, nessuno ci vieta di raggiungere il tetto e dire Messa da lì», raccontano. Detto, fatto.
«In realtà non avevamo annunciato che ci sarebbe stata la celebrazione all’aperto – spiegano i quattro preti –. Avevamo realizzato solo un breve video sul nostro canale YouTube e sulla pagina Facebook in cui uno dei vice-parroci lanciava una scommessa al parroco. E se lui l’avesse persa, avrebbe presieduto la Messa sul tetto della chiesa». In tanti si sono chiesti: ma scherzano o fanno sul serio? Alla fine l’hanno celebrata davvero: accanto al campanile, alle antenne e alla parabola satellitare. Quello che i quattro sacerdoti non si aspettavano era che la comunità avrebbe seguito la liturgia dal vivo. Affacciata ai palazzoni del quartiere Don Bosco della capitale, a due passi dalla Tuscolana e a ridosso dell’aeroporto militare di Centocelle. Le campane hanno annunciato l’inizio. L’amplificazione e lo streaming hanno fatto il resto. Vale a dire, hanno trasformato un angolo dell’agglomerato in chiesa: senza infrangere alcuna regola anti-contagio. «Abbiamo voluto rendere tangibile la nostra prossimità alla parrocchia che conta più di 13mila anime – confidano i preti –. E in questo tempo così complesso abbiamo riscoperto una certa creatività pastorale».
Così è nata la sitcom “Vita di canonica”. Sì, una sorta di telefilm a puntate che viene proposto su Facebook o YouTube e che racconta il quotidiano dei quattro presbiteri. Comprese le pulizie o la preparazione dei pasti. «In un frangente segnato dalla paura e dall’apprensione, è importante anche regalare un sorriso». Il sorriso di Dio, verrebbe da pensare. «E soprattutto chi è lontano dalla vita ecclesiale è rimasto meravigliato – rivelano i preti –. Magari si ha ancora l’idea del sacerdote simile a quella di un “funzionario”, come direbbe papa Francesco. O magari di un superuomo. Invece anche noi abbiamo i problemi di chiunque o affrontiamo questa situazione al pari di ogni persona». E in particolare gli anziani ringraziano. «Sono i più soli e i più preoccupati a causa della pandemia. E ci ripetono: “La vostra simpatica vicinanza ci rincuora”».
L’ultima proposta è stato il “pranzo comunitario (virtuale)” di domenica scorsa. «Abbiamo chiesto alle famiglie di apparecchiare la tavola come se arrivasse un ospite importante e di indossare abiti eleganti. Poi l’invito a farsi un selfie e a condividerlo nei gruppi WhatsApp della parrocchia». Il tutto all’insegna del motto: “Noi siamo presenti alla vostra tavola; e voi alla nostra”. Il risultato? Una valanga di immagini che finiranno anche sul sito.
Intanto ogni giorno continuano a suonare le campane a mezzogiorno e quando viene celebrata la Messa. Al mattino, poi, il parroco don Antonio Lauri propone una video-riflessione con la lettura e il commento del Vangelo del giorno che viene diffusa a tutta la comunità attraverso WhatsApp, Facebook e YouTube. Inoltre l’incontro di catechesi del martedì è sostituito da una catechesi settimanale online di una decina di minuti. «Non siamo esperti del pianeta digitale – ammettono i sacerdoti –. Ci arrangiamo con mezzi poveri e qualche trovata. Il nostro intento è dire a tutti che ci può essere del buono anche in un’emergenza. Non si tratta di sopravvivere, ma di vivere questo tempo come un’occasione per uscire dalla routine e toccare con mano quanto davvero conta. E anche la comunità parrocchiale potrà uscirne più solida e più unita».