Cari parrocchiani,
ritengo doveroso fornire spiegazioni riguardo alla truffa perpetrata anche a danno della nostra Parrocchia nel 2015 di cui ha scritto Giulio De Santis in un articolo sul Corriere della Sera di oggi 31gennaio 2022.
Nel giugno 2015 fui contattato da una compagna di classe delle medie di mia sorella (Maria Lauri), per presentarmi il caso di un altro loro compagno di classe che viveva una situazione drammatica: sua figlia di 14 mesi era affetta da un osteosarcoma del coccige, per la cui cura era indispensabile ricorrere a terapie sperimentali in uso negli Stati Uniti e assai costose.
La ex compagna di classe di mia sorella, di cui non faccio il nome per riservatezza, mi espose quanto già da tempo la classe si fosse impegnata economicamente per sostenere l’amico, ma anche come ulteriori aiuti fossero al di sopra delle loro possibilità.
Presentai il caso a uno dei membri del consiglio di amministrazione della parrocchia e decidemmo di incontrare insieme l’uomo e in seguito i compagni di classe. Quest’uomo, di cui taccio il nome essendoci un procedimento penale in corso, si presentò a noi non solo raccontando la storia, ma consegnando cartelle cliniche , referti medici, lastre di vari servizi sanitari e istituti oncologici italiani che confermavano la drammaticità della situazione.
Coinvolta ulteriormente la classe decidemmo di contribuire anche come parrocchia all’aiuto economico integrando con circa 9.000,00 euro la cifra necessaria a permettere la terapia. Attingemmo i soldi per questa contribuzione non dalle offerte ordinarie ricevute dalla parrocchia, ma dalla donazione di una benefattrice che ancora ringrazio per questa e per altre opere che avrebbe fatto in futuro.
Solo dopo alcuni mesi fui nuovamente contattato dalla stessa amica di mia sorella, la quale, profondamente rammaricata e sconvolta, mi informava che un’indagine svolta personalmente l’aveva portata a ritenere che fossimo stati vittime di una truffa. Così in effetti si dimostrò e avviammo formale denuncia alle autorità. Eravamo incappati in una persona che tutti pensavano di conoscere, ma in realtà esperta nel manipolare e falsificare documenti ufficiali.
Fu una vicenda che ci deluse tutti, è triste vedere come sia facile strumentalizzare quel bisogno di operare il bene che abita ciascuno di noi. Così come è difficile pensare che si possano inscenare tragedie umane indicibili al solo fine del profitto personale. Ma da quel giorno non smetto di ricordare a me stesso, e ora a voi, che l’ingiustizia è meglio subirla che farla e che il valore della carità non è solo in ciò che facciamo, ma anche nello spirito che ci muove a farlo. Le opere di bene comunque passano, lo spirito che le anima rimane per sempre. Per questo ringrazio anche quei compagni di classe che a distanza di trent’anni hanno voluto rincontrare volti e cuori stringendosi con affetto sincero attorno ad un uomo le cui necessità credevano vere.
Ho voluto scrivervi per confortarci insieme: coraggio, non lasciamoci scoraggiare dal compiere il bene.
Don Antonio e il presbiterio.