Ogni Parrocchia, un po’ come una stazione, è un insieme di sogni, vita vissuta, problemi e soluzioni, persone, spazi e tempi, musica e parole. Un grande avvicendarsi di esperienze e avvenimenti, un luogo per grandi cambiamenti, grandi partenze e grandi ritorni.
Tutto animato da un unico grande Spirito, tutto proiettato verso un unico grande incontro, quello con Gesù.
Molte sono le strade, le voci, i pensieri, molti gli strumenti e i segni che portano a questo incontro. La nostra Parrocchia, dopo l’arrivo del nuovo Parroco, ha voluto cominciare dalla musica. Un coro “nuovo nuovo”, un nuovo punto di vista, sotto la guida di don Antonio, affidato a Simone Miccinilli.
E poi il buio. Amatrice, 24 agosto 2016.
E da qui, il cambiamento di prospettiva che un’esperienza come questa impone.
Simone era a Tino, tra le macerie, dentro quella parte di mondo crollata in un attimo, ma vivo, con il terremoto che gli ruggiva nel cuore.
Vivo, per continuare a vivere, vivo per cantare la vita.
E lentamente la paura diventa bellezza, il dolore diventa arte.
Simone comincia a scrivere musica e parole. E io ho deciso di intervistarlo.
Quale musica classica ti ha ispirato?
Su due piedi risponderei Bach, “Aria sulla quarta corda”. Mi rispecchio molto in alcuni passaggi musicali che ho inciso nei miei brani.
Che musica ascolti? Che musica suoni?
Non ho un genere particolare di riferimento, diciamo che mi piace tutta quella musica che mi colpisce, con la quale l’artista vuole realmente comunicarmi qualcosa, prima ancora dell’aspetto commerciale e radiofonico. Mi piace la musica che mi emoziona e quindi cerco di portare questa idea nella musica che suono.
Quale la spinta che ti ha portato a scrivere il primo pezzo?
Era il 18 settembre 2016, alle ore 11.22 stavo cercando parcheggio vicino la chiesa di San Policarpo per andare a Messa. Le campane della chiesa hanno cominciato a suonare e mentre le ascoltavo ho pensato: con queste 4 note potrei incidere un canto di offertorio! Subito dopo nella mia mente si sono susseguite una serie di immagini: mi sono visto mentre incidevo una raccolta di brani, mi sono visto col coro della mia parrocchia mentre li cantavamo insieme, mi sono visto mentre promuovevo con questi brani, una raccolta fondi per Tino. Quel giorno sono tornato a casa e di getto ho scritto musica e testo di “Questi doni che ti offriamo”. Vedevo intorno a me un vortice di note e parole che dovevo solo mettere insieme. Quel giorno ho visto “qualcosa di nuovo”. Ero libero di scegliere se realizzarlo o meno.
Perchè proprio musica sacra e non uno stile cantautorale, per esempio?
Come dicevo, quel 18 settembre 2016 mi sono sentito come uno strumento a cui è stata suggerita una strada da intraprendere. Così mi è stato suggerito di fare e così ho fatto.
Cosa pensi oggi quando ti capita di stare al buio?
Se è andata via la luce aspetto che ritorni, se invece sto andando a letto penso semplicemente a riposarmi in vista delle tante cose che ci saranno da fare il giorno dopo.
Oggi, per te, è più forte l’inquietudine o la speranza?
La speranza senza alcun dubbio. L’inquietudine sta lì al mio fianco, ma nel mio cammino giornaliero la porto con me verso la speranza. Attraversare il dolore non porta mai all’inquietudine o alla paura, porta a una consapevolezza che dà la forza di accettare e andare avanti.
Cosa senti oggi di precario nella vita che vivi?
Tutto e niente. Quando dormi nella casa di montagna che conosci dalla nascita e all’improvviso accade l’apocalisse, nel momento in cui realizzi di essere sopravvissuto, cambia la percezione delle cose che fai durante la giornata. Capisci che siamo circondati da una percezione di “sicurezza” che in realtà non esiste e che, anzi, ci addormenta su tanti altri aspetti molto più veri e concreti della vita.
Quali sono i motivi, oggi, che ti portano a gridare?
Si parla di un grido interiore, di una richiesta molto semplice: “perché?”. Ricordo che questa domanda ricorreva nella mente nei giorni successivi al terremoto. Ad oggi, quel grido mi porta a vivere in pienezza, senza sprecare tempo.
Quali domande ti fai e quali risposte trovi?
Ciò che ho vissuto finora mi fa rileggere la domanda in questo modo “quali cose fai e quali risposte trovi?”, perché penso che di troppe domande e troppi pensieri si muore, di cose fatte invece si vive. Una delle risposte concrete che risalta alla mente è la vittoria con “Entri il re della gloria” (inedito scritto dopo il terremoto) alla prima edizione del concorso “Cantate inni con Arte” nel maggio 2017. Lì capisci che qualcosa si è compiuto, che delle risposte sono arrivate, semplicemente facendo.
Qual è stato il percorso, cosa è cambiato, dal “Re della gloria”, in cui sembra di vedere e sentire, nel testo e nella musica, splendore e potenza di Dio, il “Signore degli eserciti”, una natura grandiosa che quasi spaventa, alla lettura più intimista, al bisogno e alla richiesta di aiuto e di speranza di “Se tu sei con me”?
Nei brani che incido molte volte è come se inciampassi nelle loro melodie, ognuna delle quali diverse tra loro, ognuna delle quali racconta qualcosa di differente a livello musicale e di vissuto. C’è stato un tempo in cui abbiamo donato alla nostra comunità un brano che raccontasse lo splendore e la potenza di Dio. C’è un tempo oggi in cui si dona una lettura più intimista, che rappresenta semplicemente un altro lato della stessa medaglia.
La musica evoca, indaga, emoziona, racconta, aggiunge, interpreta, rinnova, risolve, guarisce. Ogni avvenimento ha la sua musica e ogni musica descrive una situazione. Niente è più com’era. Tutto ha un nuovo “sentire”, malinconico o pieno di speranza. Ogni giorno ha la sua colonna sonora. Ogni musica racconta la realtà. Ogni realtà può essere illuminata e curata nell’incontro con Cristo.
La musica di Simone ci svela tutto questo.