Quando Penelope disfa la sua tela ha forse il cuore stanco, lacerato e lo sguardo perso nel mare di un’attesa che non trova il suo ritorno.
E allora rimanda e ogni notte distrugge quel pezzo di vita costruito con fatica.
Astuta e sfibrata, sposta ogni giorno il suo traguardo e, pensando di scegliere, diventa scacco del destino.
Quante volte anche noi, impantanati nei nostri laghi di indecisione, nella ricerca di qualcosa che non riusciamo a raggiungere, finiamo col distruggere quei pochi passi nuovi che avevamo così tanto desiderato.
E della nostra luce rimane solo un interruttore spento, uno strappo senza parole, una porta spalancata sul vuoto. I desideri diventano fragili, le maschere cadono, le apparenze si svelano. La vita si trasforma in un deserto, la sabbia ferisce gli occhi e il cuore.
Ma in quel muro di incomprensione, una feritoia, uno spazio perché il respiro, trattenuto fino a quel momento, possa riprendere la sua regolarità. E allora, protetta da quel muro, guardi fuori per vedere quello che succede, per capire, per controllare i nemici che sono fuori. Anche se il nemico più grande è dentro, che scava senza fermarsi. E mentre senti quel rumore, che non riesci a far smettere, ti accorgi, da quella feritoia, che qualcuno sta arrivando… qualcuno bussa. Nonostante la sabbia, il vento, l’afa, nonostante l’esercito del nemico stia puntando verso quel muro. Nonostante tu sia scomparso da te stesso, qualcuno bussa.
E allora vieni, adesso, in questo deserto, resta, perché non c’è più acqua e la sorgente è secca, abbraccia la nostra vita da scomparsi, sostieni il nostro grido, non abbandonare il nostro abbraccio fragile, ferito, scendi nella nostra notte, apri una finestra sul Tuo amore, prendici per mano in questa folla incolore e sterminata di scomparsi e guidaci attraverso il deserto sulla strada che porta a Te.